Industria e Transizione 4.0: investimenti ed incentivi nella fase di ripresa post Covid-19

fino al 50% di credito d´imposta per le aziende che investono


 

 

I dati consuntivi ISTAT del 2020 consegnano all’Italia, quali ricadute economiche della crisi sanitaria pandemica, un PIL diminuito in termini reali dell’8,9% ed un contestuale vertiginoso aumento dell’indebitamento netto e del debito pubblico.

 

Nel Documento di Economia e Finanza 2021 presentato nei giorni scorsi dal Governo l’obiettivo di crescita programmatica del PIL è stato ridimensionato per l’anno in corso dal 6 al 4,50%, alzando tuttavia la stima di crescita per il 2022 dal 3,8 al 4,8% e confermando al 2,6% la stima di crescita 2023. In base a questa prospettiva l’economia italiana già nel 2022 si riporterebbe ai livelli di PIL del 2019, quadro previsionale tutto sommato confortante che tuttavia presuppone ovviamente non solo che la campagna vaccinale ed il rafforzamento della capacità di risposta del sistema sanitario consentano finalmente di ritenere archiviata la stagione della chiusura forzata delle attività economiche, ma anche che le nuove risorse stanziate per il fronteggiamento degli effetti della crisi sanitaria pandemica siano adeguatamente collocate.

 

 

Disaggregando i dati ISTAT per settore economico di attività, infatti, appare chiaramente come il calo del PIL dell’8,9% sia un dato medio al cui interno la distribuzione effettiva delle variazioni è estremamente diversificata. Accanto a settori come quello delle telecomunicazioni, che hanno registrato addirittura numeri in crescita, vi sono al contrario settori quali l’ospitalità e ristorazione, spettacolo, giochi eventi, con un crollo medio dal 25% al 40% del valore aggiunto creato.

Le imponenti risorse stanziate dallo Stato italiano dall’inizio della pandemia, pur costituendo cifre importanti, si sono dimostrate a più riprese scarsamente efficaci proprio a causa della difficoltà di affiancare agli interventi generali di sostegno a favore di tutte le imprese con perdite causate dalla crisi pandemica, interventi settoriali dedicati agli operatori con perdite talmente considerevoli da non poter esser affrontate solo con gli aiuti precedenti.

 

È pertanto condivisibile l’auspicio rivolto al Governo affinché:

 

- siano adottate misure di aiuto settoriale specificamente dedicate ai settori più colpiti, si veda in primis quello turistico, prevedendo meccanismi di ristoro parametrati non solo al calo di fatturato ma anche alla variazione reddituale effettivamente patita, in modo da concentrare gli aiuti dove si sono effettivamente registrate perdite e non soltanto minori utili;

 

- sia incentivato, con la leva fiscale ma non solo, l’investimento privato nella capitalizzazione delle PMI ed in particolare in quelle che hanno aumentato l’indebitamento con i prestiti bancari garantiti dallo Stato;

 

- siano prorogate le moratorie dei rientri dei finanziamenti e che la durata dei prestiti erogati con garanzie statali sia ulteriormente allungata, nell’interesse tanto delle imprese finanziate quanto dello Stato Garante;

 

- siano innalzati i limiti e comunque allentati i vincoli alle compensazioni dei crediti fiscali delle imprese.

 

 

In questo quadro è apprezzabile come la Legge di Bilancio 2021 abbia ampliato il corredo di sconti fiscali sugli investimenti, introducendo nuovi crediti d’imposta per incentivare gli investimenti aziendali, sia per progetti ordinari sia per quelli Industria e Transizione 4.0, dividendo le agevolazioni in funzione delle caratteristiche dei beni e del momento di acquisizione fino al 30/06/2023.

Le agevolazioni si sovrappongono parzialmente ai precedenti crediti d’imposta sugli investimenti previsti dalla Legge 160/2019, generalmente meno convenienti e valevoli per l’intero 2020 con “coda” al 30/06/2021 per le prenotazioni effettuate entro fine 2020, da cui la potenziale opportunità di raccordare ad hoc le due agevolazioni nel programmare gli investimenti, tenuto conto dei plafond di spesa ammessi.

 

Beneficiarie degli incentivi sono le imprese di qualsiasi dimensione a prescindere dal regime fiscale di determinazione del reddito, purché residenti in Italia e con esclusione delle imprese in liquidazione volontaria, sottoposte a procedure concorsuali di cui alla Legge Fallimentare o al nuovo Codice della Crisi d’Impresa o altre leggi speciali. Escluse anche le imprese non in regola con le norme sicurezza luoghi di lavoro e con gli obblighi di versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali per i lavoratori.

 

I crediti d’imposta sono utilizzabili esclusivamente in compensazione F24, senza limitazioni di importo, in tre quote annuali a partire dall’anno di entrata in funzione o interconnessione dei beni. Solo per gli investimenti in beni ordinari effettuati da imprese con ricavi inferiori ad € 5.000.000,00 il credito potrà essere utilizzato in compensazione in un’unica quota annuale.

Il credito d’imposta è esente Irpef, Ires Irap, è cumulabile con altre agevolazioni purché non sia superato il costo sostenuto, non è però cedibile ad altri soggetti incluse banche ed intermediari finanziari.

 

Gli investimenti agevolabili devono riguardare acquisti, anche in leasing, di beni strumentali materiali ed immateriali nuovi destinati a strutture ubicate in Italia, con esclusione di alcune categorie di beni come fabbricati e costruzioni.

 

Gli investimenti 4.0 sono quelli già noti per l’ex iperammortamento, quindi i beni materiali interconnessi e funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese, dettagliati nell’allegato A L. 232/2016, nonché, per i beni immateriali, i software ed i sistemi IT anche tramite servizi cloud computing, collegati a beni strumentali 4.0 e compresi nell’allegato B L. 232/2016.

 

Il credito d’imposta oscilla per i beni materiali da un massimo del 50% per gli investimenti 4.0 di valore fino ad € 2,5 mln effettuati entro il 31/12/2021 ad un minimo del 6 % per gli investimenti ordinari effettuati nel 2022, mentre per i beni immateriali è stabile al 20% per gli investimenti 4.0, del 10% per quelli ordinari fino al 31/12/2021 ed infine 6% nel 2022.

 

Notevoli le soglie di investimento previste per i beni materiali 4.0, pari ad € 20 mln €, più modeste per i beni materiali ordinari, 2 mln €, ed immateriali di qualsiasi tipo, 1 mln €.

 

Doveroso ricordare sul punto che anche il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) presentato in questi giorni dal Governo per l’accesso ai fondi UE del programma Next Generation Plan EU, intervento epocale che oltre a riparare i danni economici e sociali della crisi pandemica mira a contribuire a risolvere le debolezze strutturali dell’economia italiana ed accompagnare il Paese su un percorso di transizione ecologica e ambientale, punta decisamente sul capitolo Industria e Transizione 4.0, ampliando ed estendendo il raggio d’azione degli incentivi fiscali 4.0. Il piano infatti offre la possibilità di accelerare la trasformazione tecnologica e digitale delle aziende italiane, spesso alle prese con una sfida chiave per la loro modernizzazione strutturale attraverso investimenti nelle tecnologie emergenti, strumento per recuperare competitività sia nel mercato locale sia in quello globale.

 

 

L’interesse e la spinta del legislatore verso l’incoraggiamento degli investimenti, soprattutto quelli in beni 4.0, trova riconoscimento della bontà della scelta effettuata in un recente report di Deloitte[3] secondo cui oltre la metà delle imprese manifatturiere italiane, nonostante il calo del fatturato e delle esportazioni registrati nel 2020, rispettivamente dell’11,50 e dell’8,50%, hanno continuato e continuano ad investire in progetti di smart manufacturing ossia piani che fanno ricorso al digitale nella produzione.

 

Di fatto il rapporto documenta come l’impatto del Covid-19 sui conti economici e sugli stati patrimoniali delle aziende manifatturiere non ha affatto distolto interesse verso le innovative soluzioni proposte dall’Industria e Transizione 4.0.

 

Anche un recente dossier di Unioncamere, sebbene indichi che a livello generale invece solo il 26% delle imprese italiane è conoscenza dei piani 4.0 e tra queste appena il 9%, pur conoscendolo, non investe, dimostra l’enorme potenziale di investimenti attivabili ed il percorso di crescita collegato, quantificando l’impatto positivo della digitalizzazione delle imprese in fino a 7 punti del PIL.

 

 

Nell’ambito del 4.0, che molti definiscono come la quarta rivoluzione industriale, si pongono i processi di automazione industriale che integrano alcune delle nuove e più innovative tecnologie produttive con l’obiettivo di coniugare:

 

- aumento della produttività e la qualità degli impianti;

- miglioramento delle condizioni di lavoro;

- creazione di nuovi modelli di business.

 

L’incentivazione pubblica degli investimenti 4.0 attraverso la leva fiscale costituisce un’allettante opportunità per l’imprenditore, al quale all’atto pratico saranno ben chiari almeno tre vantaggi:

 

1)    sotto il profilo organizzativo la velocizzazione della transizione tecnologica e di connessi vantaggi produttivi, strategici e organizzativi, per esempio il miglioramento del time to market, l’aumento della flessibilità e della propria capacità innovativa;

 

2)    da un punto di vista economico, l’abbattimento fino al 50% del costo degli investimenti;

 

3)    da un punto di vista finanziario, la creazione di liquidità immediata a costo pressoché 0;

 

Il terzo punto, spesso e volentieri quello di più immediata percezione nel tessuto produttivo italiano caratterizzato dalla predominanza di micro e piccole imprese storicamente sottocapitalizzate ed in rapporto di dipendenza dal credito bancario tradizionale, merita senza dubbio un approfondimento. È purtroppo noto che frequentemente investimenti aziendali con indubbio ritorno e vantaggio economico sono accantonati esclusivamente per difficoltà nel reperire le opportune soluzioni finanziarie a copertura. Investire genera un impegno immediato per l’impresa, perché a prescindere della forma tecnica di finanziamento con cui è sostenuto l’investimento – tipicamente mutuo bancario o locazione finanziaria – è, salvo casi eccezionali, sempre prevista una quota di almeno il 20/30% di mezzi propri dell’azienda, dal cash flow o da immissione di nuovo equity.

 

Le fasi di sviluppo aziendale e più in generale di investimento necessitano inoltre di risorse aggiuntive destinate al sostegno del maggior capitale circolante aziendale che si genera a fianco di quello derivante dall’attività operativa, aumento magazzino rimanenze e crediti commerciali in primis: crescere assorbe liquidità.

 

La combinazione ottimale del credito d’imposta per gli investimenti, che permette di beneficiare di liquidità in F24 fino al 50% del costo lordo dell’investimento 4.0 nell’anno del suo sostenimento, con il ricorso al credito bancario per la rimanente parte consente di limitare fortemente il drenaggio di mezzi liquidi e può dunque fungere da ulteriore positiva spinta.

 

Le banche tradizionali hanno dimostrato di gradire particolarmente operazioni di investimento strumentali in beni 4.0, merita però di essere evidenziato il supporto fornito dalle Challenge Banche e dalle società di Leasing, che diversificano l’offerta finanziaria e garantiscono tempi di risposta spesso più rapidi.

 

 

Banche e consulenti aziendali sono pronti per affiancare le imprese in questo momento, complicato per molti, e gettare le basi per la ripresa. Identificare tempestivamente i potenziali rischi e le opportunità di investimento e finanziarie perseguibili è alla base del processo di messa in sicurezza dell’azienda; un intelligente lavoro in questo senso, a maggior ragione se combinato con un una ristrutturazione operativa e finanziaria effettuata per tempo, permetterà anche una gestione più attenta dei diversi stakeholder e di consolidare l’attendibilità delle scelte intraprese, uno dei patrimoni più importanti per tutte le aziende soprattutto quelle in difficoltà. In questo progetto, come in tutti, sono fondamentali professionalità, credibilità e velocità, mantenendo alto il controllo con approccio lucido e comunicando sempre meglio con l’esterno.

 

 

Tommaso Menchini - Dottore Commercialista e revisore legale

 

Stefano Vannucci - ConCredito

 

 

 


 

 

 

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